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F.A.Q. ~ Imposte dirette
Sono un avvocato che emette regolare fattura a per prestazioni (specifico
che viene seguito il criterio di cassa per la dichiarazione dei redditi).
Nel mese di dicembre 1998 ho emesso fattura regolarmente firmata, mentre il
relativo pagamento è stato effettuato nel mese di gennaio 1999. Il compenso
derivante dalla fattura emessa nel dicembre 1998 deve essere considerato nel
modello Unico 99, oppure nel modello Unico 2000 (redditi 1999)? E se deve essere
considerato nell'Unico 2000, non bisogna emettere la fattura nel momento in cui
la prestazione è remunerata, e dunque nel caso in esame nel mese di gennaio
1999?
Un professionista che svolge in questo caso l'attività di avvocato può
rilasciare fattura numerata e datata dicembre 1998, per prestazioni svolte nello
stesso mese, e incassare il corrispettivo nel gennaio 1999. Ai fini fiscali però, ai sensi dell'articolo 49 del DPR 917/86, il corrispettivo dell'onorario
è considerato "per cassa", relativo cioè all'esercizio in cui è avvenuto il pagamento, e non secondo il principio di competenza, cioè relativo
all'esercizio in cui è eseguita la prestazione. Nel caso in esame il compenso
derivante dalla fattura emessa nel mese di dicembre 1998 ma incassata nel 1999
deve essere considerato nel modello Unico 2000, per i redditi 1999. L'articolo
6, comma 3, del DPR 633/72 dispone, infatti, che le prestazioni di servizi si
considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo. Ciò significa
che se non si verifica questo pagamento non esiste obbligo di emettere fattura.
Accade però che la fattura sia emessa in anticipo rispetto alla data del
pagamento del cliente. Questa operazione è del tutto corretta e, come nel caso
descritto nel quesito, viene spesso posta in essere, per sollecitare il cliente
a effettuare il pagamento o su richiesta dello stesso cliente. In questi casi,
l'emissione della fattura nell'esercizio antecedente a quello dell'incasso: è irrilevante ai fini dell'imposizione
diretta, in quanto per i professionisti vige il principio di cassa; è rilevante
ai fini I.V.A., in quanto determina l'anticipazione del momento impositivo e contribuisce a incrementare il volume
d'affari dell'esercizio in cui è stata emessa la fattura.
I contributi ENASARCO versati dalla casa mandante per l'agente di commercio
imprenditore individuale sono considerati oneri deducibili? Come considerarli
nel caso in cui l'agente opera sotto forma di società in accomandita semplice?
Quali sono le scritture contabili in questi casi?
I contributi ENASARCO sono obbligatori in forza della legge 2 febbraio 1973
no 12. Questi, pertanto, rientrano tra gli oneri deducibili dal reddito
complessivo in quanto "contributi previdenziali ed assistenziali versati in
ottemperanza a disposizioni di legge" (articolo 10, comma 1, lettera e,
Tuir). La natura di oneri deducibili dei suddetti contributi, ovviamente, non
muta quando questi vengono trattenuti e versati per gli agenti illimitatamente
responsabili (iscritti all'ENASARCO) operanti in società di persone. In questo
caso, infatti, i contributi saranno deducibili dal reddito complessivo dei soci.
Il documento giustificativo di tali oneri sarà rappresentato dalla
dichiarazione di versamento resa dalla casa mandante.
Nel modello 740/97 per redditi '96, da me (unica erede) presentato per mio
marito defunto, è risultato un saldo a credito da portare in diminuzione nella
successiva dichiarazione.
L'anno successivo, nel modello 740 ho aggiunto al mio credito quello sopra
citato, chiedendo che la somma venisse portata in diminuzione nella successiva
dichiarazione.
Desidero sapere se ho operato bene e, in caso di risposta positiva, se potrò
recuperare il credito presentando il modello 730.
Nel caso di dichiarazione dei redditi presentata dall'erede a nome del de
cuius , il credito emergente dalla dichiarazione deve essere chiesto a rimborso.
Tale importo non può essere considerato credito da riportare e quindi essere
utilizzato in proprio dall'erede stesso.
Da ciò ne deriva che il credito utilizzabile nel modello 730 relativo al 1998
da parte del lettore non deve comprendere tale importo.
Con riferimento alle novità espresse nelle istruzioni al modello 730/99 -
quadro E - in merito alla rinegoziazione di contratti di mutuo stipulati dopo il
1993, vorrei sapere se estinguendo il mutuo in lire contratto dall'impresa
costruttrice (9% tasso fisso) e stipulandone uno nuovo con un diverso istituto
di credito è concessa la detrazione degli interessi passivi, tenuto conto delle
seguenti date: compromesso, 5 febbraio 1993; decorrenza mutuo, 1o gennaio 1994;
residenza, dal 25 novembre 1994; rogito notarile, il 25 Novembre 1995; acconto mutuo,
10 Agosto 1996.
Dai dati forniti, gli interessi passivi dell'attuale mutuo stipulato dopo il
1993, non sembrano essere detraibili in quanto, per beneficiare della
detrazione, l'atto di accollo del mutuo doveva essere stato effettuato entro e
non oltre sei mesi dalla data del rogito di acquisto. Ciò premesso, ove
sussistessero in questo momento i requisiti per la detrazione, la rinegoziazione
del mutuo dovrà avvenire mantenendo invariate le parti contraenti e inalterato
il residuo debito.
Vorrei conoscere le regole per la tassazione del reddito di una colf
(collaboratrice familiare) e delle relative indennità di trattamento fine
rapporto in quanto il datore di lavoro non è sostituto d'imposta. Inoltre,
posso fare il 730 congiunto con il coniuge titolare di reddito di lavoro
dipendente presso regolare sostituto?
Può essere certamente presentato il modello 730 congiunto e il reddito
annuale della collaboratrice domestica si dichiara come reddito di lavoro
dipendente pagando tutte le imposte in sede di dichiarazione. Anche il
trattamento di fine rapporto deve essere indicato nella dichiarazione tra i
redditi soggetti a tassazione separata e, sempre al momento della dichiarazione,
deve essere calcolato e versato l'acconto pari al 20 per cento del reddito dichiarato. Successivamente l'ufficio calcolerà e liquiderà le imposte dovute
sul TFR.
Vorrei sapere se sono deducibili le spese mediche e quelle di assistenza
specifica necessarie (pagamento rette per servizio di assistenza domiciliare)
nei casi di invalidi con totale e permanente invalidità civile al 100%; ciò
anche se sono state sostenute per le persone indicate nell'articolo 433 del
Codice civile, pur convivendo con il dichiarante, ma con nucleo familiare
autonomo ai fini della dichiarazione dei redditi.
In base all'articolo 10, comma 1, lettera b), del Tuir, DPR 917/86, sono
deducibili dal reddito complessivo le spese mediche e quelle di assistenza
specifica necessarie nei casi di permanente invalidità o menomazione sostenute
dai soggetti nei cui confronti sia stata accertata, ai sensi del combinato
disposto degli articoli 3 e 4 della legge 104/92, una minorazione fisica,
psichica o sensoriale stabilizzata o progressiva indipendentemente dalla
circostanza che fruiscano o meno dell'assegno di accompagnamento.
Secondo l'amministrazione finanziaria (circolare ministeriale 73/E del 1994
paragrafo 1.3.1.) deve trattarsi o di spese mediche rese da medico chirurgo
generico oppure di spese inerenti all'assistenza sanitaria dei portatori di
handicap, come sopra individuati, che hanno un diretto collegamento con le
prestazioni professionali rese a dette persone. Ne consegue che le spese
fiscalmente rilevanti ai fini in questione non possono individuarsi nei compensi
dovuti a persone non qualificate (esempio collaboratori familiari,
accompagnatori) e per prestazioni di carattere meramente alberghiero (ricovero
in case di cura), ma devono invece consistere nei compensi corrisposti a
personale qualificato (esempio personale paramedico o munito di idonea autorizzazione) a fronte di specifiche prestazioni sanitarie
(esempio per prelievi ai fini di analisi, per applicazioni con apparecchiature
elettromedicali, per l'esercizio di attività riabilitativa eccetera). Le spese
mediche e quelle di assistenza specifica dei portatori di handicap sono
deducibili anche se sono state sostenute per i familiari compresi tra quelli
indicati all'articolo 433 del Codice civile, anche se non sono fiscalmente a
carico.
Vorrei sapere come portare in detrazione nella dichiarazione dei redditi il
costo dei farmaci. Per stabilire un collegamento fra la prescrizione medica e lo
scontrino del farmacista è necessario che su quest'ultimo sia riportato il nome
del farmaco?
Ai fini della detraibilità delle spese per medicinali, non è necessario
che lo scontrino fiscale rilasciato dal farmacista indichi il nome dei
medicinali acquistati, essendo sufficiente conservare lo stesso unitamente alla
prescrizione medica, così come confermato dalle recenti istruzioni al modello
730/99.
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